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I modelli econometrici delle banche centrali non funzionano

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Noi tutti osserviamo le realtà economica, viviamo  e percepiamo le crescenti difficoltà in cui ci si trova a vivere. A questa realtà spesso, si contrappone in modo piuttosto netto, il mondo delle cosiddette previsioni sulla ripresa  economica, la  crescita del PIL o la  riduzione del debito pubblico. Previsioni tutte formulate dalle più importanti ed autorevoli organizzazioni finanziarie, ma tutte sempre drammaticamente sbagliate. Perché?

A partire dall’inizio degli anni 80, si è sempre più diffuso l’utilizzo di modelli econometrici ispirati alle teorie economiche neoclassiche, chiamati Dynamic Stocastic General Equilibrium (DSGE).

I primi modelli DSGE,  assumevano  condizioni di concorrenza perfetta, salari e prezzi pienamente flessibili; col passare del tempo, sono poi stati integrati da ipotesi più realistiche che han provato a renderli più conformi alla realtà economica osservata, incorporando  elementi di imperfezione dei mercati e di rigidità di tipo keynesiano: concorrenza imperfetta nei mercati del lavoro e del prodotto, salari e prezzi che non si aggiustano istantaneamente, possibile inutilizzazione di risorse per tempi non brevissimi,  imperfezioni nel funzionamento dei mercati finanziari (le rare volte in cui vengono esplicitamente considerati).

Le ipotesi condivise del modello (equilibrio stabile, aspettative razionali, agente rappresentativo, mercati finanziari efficienti e completi), garantiscono il buon funzionamento del sistema economico ed escludono la possibilità che vengano a manifestarsi gravi crisi e conseguentemente la necessità di consistenti interventi pubblici per correggere gli andamenti spontanei. Per ipotesi infatti, il sistema è sempre in condizioni di equilibrio, che è unico ed è reso stabile dalle forze di mercato spontanee che riescono a coordinare le decisioni degli operatori ed in definitiva, a far sì che il mercato riesca ad autoregolarsi.

Questo tipo di modellazione ha fallito clamorosamente nel 2007/2008, dal momento che non ha minimamente previsto la crisi finanziaria globale. Anzi.

Questo è un articolo del giugno 2007 sulle prospettive economiche dell’OCSE:

Nella zona euro, i dati recenti e le indagini condotte, confermano una ripresa vigorosa“.

Per un periodo di tempo piuttosto prolungato, dal 1984 al 2006, i modelli DSGE hanno dato risultati confortanti; questo ha fatto si che detti modelli venissero accreditati come affidabili.

Quando però si è arrivati alla Crisi del 2007, qualcosa si è rotto.

Fino allo scoppio della crisi, la possibilità di crolli drammatici sembrava non spaventare più gli operatori; era scomparsa quasi del tutto la percezione del rischio finanziario, gli operatori si illudevano che regnasse sovrana la piena armonia tra mercati finanziari e mercati reali: il buon andamento degli uni rendeva possibile e potenziava quello degli altri.

Tuttavia qualcosa stava minando la solidità dell’intero sistema, senza che però i modelli DSGE ne avessero contezza.

Stava succedendo proprio quello che prevedeva la teoria di Hyman Minsky: durante un’espansione prolungata e poco accidentata (periodo che va dal 1995 al 2007), con mercati finanziari ben funzionanti e non sottoposti da tempo a particolari tensioni, vengono a modificarsi le opinioni degli operatori sui livelli di debito e di rischio accettabili. Le imprese indebitate prosperano, riescono facilmente a onorare i propri debiti e ritengono di aver interesse ad assumerne in maggior misura. Da parte loro, i finanziatori (le banche) sono soddisfatti e ben lieti di concedere più credito. Cresce perciò di molto l’indebitamento (anche quello delle famiglie). In definitiva, si manifesta una “tendenza a trasformare una situazione fiorente in un boom di investimento speculativo”. Indubbiamente, l’eccesso di debito e la speculazione hanno innescato la crisi del 2007.

Il fallimento dei modelli DSGE non si è avuto solo dal punto di vista previsionale, ma la componente peggiore è stata quelle di aver individuato delle possibili soluzioni, delle politiche economiche, che di fatto hanno peggiorato la crisi in essere.

Il fatto di considerare nei modelli DSGE l’economia in termini reali, omettendo quasi completamente la moneta, le banche, il credito ed i flussi dei saldi finanziari, ha portato all’applicazione delle politiche folli di austerity e di pareggio di bilancio.

La domanda che noi tutti dovremmo quindi porci a questo punto è: perché nonostante i ripetuti fallimenti ancora oggi si continuano ad utilizzare modelli che non sono affidabili e sulla base di questi vengono stilati programmi di spesa ed investimento nazionali?

Quale è, se esiste, il motivo di continuare a produrre una immane mole di previsioni che poi, alla prova dei fatti, risulteranno sempre errate?

© Stefano Di Francesco